mercoledì 4 maggio 2022

CHIOSTRO DEL BRAMANTE, GALLERIA BORGHESE, PALAZZO BRASCHI: NON SOLO CAPOLAVORI, AL MUSEO SI VA ANCHE PER SOCIALIZZARE

Socializzazione e bellezza, due chiavi di lettura dell’esperienza museale che procedono sempre più spesso a braccetto. Il ministro Dario Franceschini sull'argomento ha scritto anche un saggio 'Con la cultura non si mangia?' (pubblicato da La nave di Teseo), proprio per spazzare il campo da dubbi e preconcetti. L’inserimento di punti ristoro tra le mura degli spazi espositivi è un trend che procede velocemente da anni infrangendo il tabù che voleva gli spazi espositivi lontani dalla doppia contaminazione della convivialità unita alla gastronomia. La stessa Galleria Borghese di Roma (un gioiello a Villa Borghese) ha voluto nello spazio delle sue fondamenta accanto alla biglietteria, un bar-bistrot del brand Molto in grado di rispondere (con eleganza, ovviamente) alle richieste dei visitatori delle collezioni, e anche dei semplici frequentatori dell'area verde, dal breakfast all’aperitivo, compresi i kit per il picnic nel parco più bello di Roma (altra magnifica ossessione dei romani). Spostandoci nell’area di piazza Navona, possiamo citare altri due format in sintonia con il precedente. Al piano terra di Palazzo Braschi, il Museo di Roma, Vivi Bistrot consente ai suoi frequentatori di proseguire l’esperienza magnifica della visita con una sosta gourmet (sostenibile e salutare, per non intaccare la propria forma fisica) con vista sulla fontana dei Quattro Fiumi progettata e realizzata da Gian Lorenzo Bernini nel Seicento. A poche centinaia di metri, il Chiostro del Bramante, che è stato fra i primi spazi museali romani ad allestire un bar al piano nobile, sotto il loggiato con colonne corinzie che affaccia sul cortile quadrato, a sua volta incorniciato da un portico a quattro archi per ogni lato. Nell’edificio rinascimentale è in corso la mostra ‘Crazy. La follia nell’arte contemporanea’ (nella foto) a cura di Danilo Eccher, 

un esempio di come si possa ‘giocare seriamente’ con un luogo carico di storia. Ventuno artisti hanno invaso lo spazio, opera nel Cinquecento di Donato Bramante (primo architetto di papa Giulio II e rivale di Michelangelo), con installazioni che si divertono a modificare nel visitatore la percezione della realtà e le connessioni fra verità fisica e creatività poetica. 





domenica 1 maggio 2022

A VOLTE SI TORNA

Questo blog ha risposato abbastanza. Dopo qualche settimana (diciamo qualche anno) ho deciso di tornare a scrivere post sto le insegne di Obelischi & Chignon. Si intitola così il libro di viaggio che avevo dedicato alla mia città, Roma, nel 2016. Ora ne sto scrivendo un altro, sempre su Roma ma vista con occhi speciali per raccontare come è cambiata e come sta cambiando pur restando inequivocabilmente Eterna.

Ben ritrovati e ben tornata a me!


lunedì 15 maggio 2017

ROMA, I DUE GENTILUOMINI DI VERONA BY NINA DEBUTTANO AL @TEATRO SALA UNO



Gaia Petronio e Francesco Rizzo 


Cosa vuol dire diventare un (gentil)uomo? Per Valentino vuol dire partire in cerca di fortuna; per Proteo, invece, vuol dire rimanere a casa vicino alla ragazza che ama. I due amici sono quindi costretti a dividersi dopo una vita passata insieme.
Proteo, dopo essere riuscito a farsi amare da Giulia, viene obbligato dal padre a seguire le orme di Valentino. Giunto dall'amico, lo trova metamorfosato: Silvia, la figlia del Duca, gli ha fatto perdere la testa. Presto Valentino subisce la stessa sorte dell'amico: l'amore, per lui, diventa una strada piena di ostacoli. Ad accompagnare le coppie di amanti in questo viaggio di iniziazione verso l’età adulta sono Schizzo e Lucetta, schietti e disincantati consiglieri.



L'associazione Nina ha messo in scena al Teatro Sala Uno di Roma I Due Gentiluomini di Verona, uno dei primi esperimenti drammaturgici di William Shakespeare, una commedia fresca, brillante, che ancora oggi ha molto da dire. Perchè l'adolescenza non è solo età anagrafica, ma stato mentale e fisico. Un limbo tra inesperienza e maturità, costellato di terremoti interiori e tempeste ormonali. Il mondo diventa una foresta buia, vergine, inesplorata, dove si procede a tentoni cambiando più volte direzione in cerca del proprio posto. Ma per diventare veri (gentil)uomini, qual è il prezzo da pagare?



Francesco Di Stefano e Vincenzo Grassi
Giovani attori che si autoproducono, nel nome di Shakespeare. L''associazione  Nina nasce dall’esigenza di Francesco Di Stefano, Gaia Petronio e Francesco Rizzo, tre giovani attori, colleghi e amici, di lavorare insieme e di dar vita a progetti che permettano a una comunità variegata di giovani artisti di riflettere su cosa vuol dire fare teatro oggi.
Dopo essersi diplomati insieme all’accademia professionale d’arte drammatica ‘Teatro Azione’, e dopo aver affrontato percorsi individuali nel cinema, in teatro e in tv, hanno partecipato a festival e rassegne come la Festa per la Cultura di Garbatella nel 2015) o il Testaccio ComicOff (con la compagnia MDMA) nel 2015 e nel 2016, aggiudicandosi diversi riconoscimenti tra cui il Premio ‘Le Nuvole’, il premio come Miglior Regia, come Migliori Costumi, e le candidature come Migliore Spettacolo e Miglior Attore Protagonista. Si preparano ora ad affrontare la loro prima regia credendo che nell’arte, come in molti altri campi, l’unione possa fare la forza.
La Sala Uno, tra i più quotati teatri off romani, è situato in un suggestivo spazio dominato da archi e mattoni a vista, nella navata centrale della cripta della Scala Santa, davanti alla Basilica di San Giovanni in Laterano. Dopo Roma, lo spettacolo si prepara ad affrontare nuovi teatri italiani.
Adattamento e Regia: Francesco Di Stefano, Gaia Petronio e Francesco Rizzo

Cast: Larissa Cicetti, Francesco Di Stefano, Vincenzo Grassi, Diletta Guida, Gaia Petronio, Francesco Rizzo, Ilaria Salvatori
Costumi: Gaia Petronio e Roberta Budicin
Disegno luci: Fabrizio Cicero, artista e light designer
Musica: selezione di musicisti internazionali come StrangeZero, AXL & ARTH, Oliver Girardot, ed altri, attraverso le licenze Creative Commons.

giovedì 13 aprile 2017

ROMA, GILARDI AL MAXXI OVVERO L'ARTE DELLA BATTAGLIA CIVILE


"Si realizza il sogno dell'arte relazionale. E' importante il nostro agire in empatia e anche in conflitto con gli altri, per far uscire la nostra soggettività". Così parlò Piero Gilardi, un maestro dell'arte contemporanea italiananella Sala 3 del Maxxi durante la preview della  monografica 'Nature Forever'. Detto fatto: basta un soffio e l'Installazione 'Inverosimile' si anima, gli alberi danzano, le proiezioni sullo sfondo evocano geometrie costruttive, conflitti distruttivi, depressione post-guerra, riscatto e finalmente l'arcobaleno, la reazione che prelude alla rinascita. L'opera interattiva dura sei minuti, fa scattare la performance e la danza collettiva dei presenti, attratti dalla luce e dalla nuova energia. Tornano gli anni Ottanta.


Sala 3, l'installazione 'Inverosimile' (1989)

E' l'evento di primavera del Museo Nazionale delle Arti del XXI Secolo. Fuori c'è la città sopraffatta dalle nuove fioriture, dentro le architetture di Zaha Hadid c'è invece il racconto della complessa relazione tra l'uomo e la natura.
Sul piatto ci sono anche i temi dei New Media, e della Politica con la difesa della democrazia e della partecipazione. Il presidente della Fondazione Maxxi Melandri sottolinea la  coincidenza di questo evento espositivo con l'attualità: "La riflessione critica sui cambiamenti del nostro tempo fa parte del Dna del Maxxi". Il direttore artistico Hanru aggiunge: "Il lavoro di Piero e' la risposta alle domande del nostro tempo, ecologia giustizia, partecipazione nelle città, come la tecnologia può dare un futuro". 


Da sn: Marco Scotini, Bartolomeo Pietromarchi, Hou Hanru, Piero Gilardi, Giovanna Melandri

'Nature Forever' è una mostra divisa in quattro isole. La più consistente è quella dedicata alle animazioni politiche, con l'allestimento di una strada disseminata di materiale per le manifestazioni. Scheletri, coccodrilli squali con la bocca insanguinata, maschere NoTav in gommapiuma. "La democrazia e’ il sostegno della politica dei beni comuni, deve venire da noi, dobbiamo agire sulle istituzioni per un mondo solidale ed ecosostenibile. Dobbiamo pensare anche ad un nuovo uso delle scienze, ad una tecnologia pienamente in grado di riparare i danni fatti finora" spiega Gilardi.

'Nature Forever. Piero Gilardi', al Maxxi fino al 15 ottobre 2017


Sala 3, l'installazione 'Andreotti volante' (1977)








martedì 11 aprile 2017

ROMA, STENO VANZINA ALLA GALLERIA NAZIONALE. UNA STORIA ITALIANA TRA DESTINO E TALENTO



"Steno era lo pseudonimo di Stefano. A Papà quel soprannome tornò utile. Quando nel 1937, vent'anni dopo, fu assunto come vignettista al 'Marc'Aurelio', firmava i suoi disegni umoristici 'Steno'. Un vezzo tipico dell'epoca. Il grande Sergio Tofano, l'autore del Signor Bonaventura, si firmava 'Sto'. Era un'altra Italia. Contraevano anche i cognomi". Enrico e Carlo Vanzina hanno firmato per la mostra dedicata al loro Papà (con la P maiuscola) Stefano Vanzina, regista, intellettuale, padre della commedia all'italiana, una breve quanto densa biografia che di per sé è già racconto di un'esistenza straordinaria, e di un momento storico altrettanto speciale. A guardarla ora ci riempie di stupore l'esistenza  di Steno: per la carriera unica costruita film dopo film con compagni di viaggio altrettanto eccezionali, ma anche per averci ricordato un'epoca dove tutto era ancora possibile. Come passare dalla prima classe di un Transatlantico sulla rotta Argentina - Italia alla vita piccolo borghese di una pensione di via Crescenzio con "nobili decaduti, vecchie signorine abbandonate dalle famiglie, ex militari tromboni agli sgoccioli". E poi liberarsi dalla marginalità sociale e costruire il proprio destino passando per il liceo romano più prestigioso, la premurosa zia Laura, il giornalismo e infine il cinema. Destino e tenacia, fatalità e talento. 


"Papà sarebbe entusiasta di avere una celebrazione qui, sembra veramente un sogno" commenta Carlo prima del bagno di folla del vernissage. "E' una mostra non pretenziosa, ma che racconta tutto". 
Enrico: "La prima sala racconta l'infanzia di mio padre, ci sono sei disegni di quando aveva 15 anni e sono stupefacenti, sono da Galleria d'Arte Moderna. Papà è celebrato oggi da dove aveva cominciato, perché tutto il suo mondo nasce dal disegno, dalla forza dall'amore che aveva per la pittura, e questo gli ha portato molta fortuna".


Steno. L'arte di far ridere, Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea , fino al 4 giugno 2017

mercoledì 1 febbraio 2017

ROMA, IL TEMPORARY CINEMA DELLA FERMATA METRO CIPRO APRE CON 'NINGYO' DI MAINETTI


Il regista Gabriele Mainetti 

Dedicato a chi non è (almeno per una volta) in ritardo. E può permettersi di prendere il treno successivo. Si chiama 'Temporary Cinema' e fino al 3 febbraio promette di 'rubarci' una porzione minima del tempo quotidiano speso nei trasferimenti da una parte all'altra della città, invitandoci ad un'immersione originale nel cinema giovane. Il progetto firmato Renault Scénic consiste in una scatola magica total black, ventiquattro poltrone di velluto rosso, e uno schermo. Una sala cinematografica spuntata a sorpresa nel piazzale adiacente all'ingresso della fermata Cipro della metro A, zona Trionfale. Cinque giorni di proiezioni, dalle otto di mattina alle otto di sera, con un'ampia programmazione di cortometraggi firmati da registi emergenti legati al Centro Sperimentale di Cinematografia. Nessun biglietto è richiesto agli spettatori, solo tanta voglia di nuove storie e immagini d'autore. Il primo buio in sala è tutto per il corto di Gabriele Mainetti, fortunato e bravo regista che ha conquistato la ribalta con l'opera prima, riuscitissima, 'Lo chiamavano Jeeg Robot', un cult. ‘Ningyo’ è una storia d'amore e anche un nuovo format che punta sul 'modulo': ogni spettatore può creare la propria narrazione componendo in modo diverso (fino a sei combinazioni) le tre parti del puzzle che compongono il film. Buona visione.



Invito alla proiezione 

mercoledì 11 gennaio 2017

ROMA, SANTA CECILIA AL VOLO NELLE AREE DI IMBARCO DEL LEONARDO DA VINCI

Ma chi l'ha detto che le zone di transito degli aeroporti siano fatte solo per la concitazione e i saluti veloci, con la mente già altrove, decollata verso la meta finale? Ecco un'iniziativa pronta a smentire questa abitudine dell'anima: 'Santa Cecilia al Volo' è la nuova stagione di concerti dedicati ai passeggeri dell'aeroporto Leonardo da Vinci.

Occhio dunque ai pianoforti installati da Adr Aeroporti di Roma (in partnership con Ciampi) al T1 – area d’imbarco B - e al T3 – aree d’imbarco D ed E – e nell’area riconsegna bagagli sempre del T3
In programma per giovedì 12 gennaio c'è un flashmob dedicato al viaggio di Mozart in Italia. Appuntamento alle 14.00 nell’area d’imbarco E, dove il Quint’etto d’archi di Santa Cecilia esegue anche brani di Antonio Vivaldi e Johann Sebastian Bach, Burt Bacharach e Michael Jackson sul palcoscenico del secondo piano dell’airport Mall. 




L'area del terminal di Fiumicino prima dei concerti


Il Quint'etto suona nell'installazione Big Bamboo