Dalla A di Anello alla V di Vestaglia. ‘Il
demone della frivolezza’ ci è appartenuto e ci appartiene ancora. Alzi la mano chi, almeno una volta, non si è sentito posseduto da questo discolo, dispettoso e attraente, cugino primo della vanità. Ora è imbrigliato (per quanto possibile) in un piccolo volume elegante, con la copertina blu interrotta da un’illustrazione di Garcìa Benito
per Vanity Fair del 1927. Lo ricevo per posta, non resisto, e apro subito a caso una pagina. G di Gossip: “In realtà, spiegano i due maggiori pettegoli dell’Ottocento, Edmond e Jules de
Goncourt, ‘la maldicenza rimane il massimo legame sociale’, sanzione della deviazione
e implicitamente suo riconoscimento. (…)”. Brillante intuizione d'autore, e grande verità.
Dopo il 'Dizionario del Dandy', ecco un altro vocabolario, perfetto per la conversazione, confezionato con abilità da Giuseppe Scaraffia mettendo davanti a tutte le lettere dell'alfabeto del futile, una frase di Albert Einstein: ‘La prima necessità dell’uomo è il superfluo”. La memoria corre subito all'Oscar Wilde di "Datemi il superfluo, farò a meno dello stretto necessario". Anime gemelle.
In copertina, atmosfere degli anni Trenta
Presa dal demone della curiosità, mi ritrovo fra le mani anche altri spunti, arrivati direttamente dal passato, utili per ripensare il presente. A proposito di Tradimenti, l'autore scrive: "La notte che Alexandre Dumas sorprese la consorte a letto con Roger de Beauvoir, stupì gli adulteri rimboccando loro le coperte e passando il resto della notte a scrivere nella stessa stanza (...)". Demone frivolo o artista severo?
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